Sull'origine del nome Carona, sono state avanzate parecchie ipotesi: potrebbe derivare dal latino, oppure da un patronimico.

La maggior parte degli storici propende per l'interpretazione, non del tutto convincente, che il nome CARONA derivi dal prelatino “car” che significa pietra, luogo roccioso. Di certo il nome Carona è citato sulle antiche carte già nell'XI-XII sec. d.c.

In antichità le attività più fiorenti del territorio di Carona erano l'estrazione del ferro (era infatti uno dei centri minerari più importanti della Lombardia), la coltivazione dei terreni e l'allevamento del bestiame. Dal latte delle vacche, che d'estate venivano portate in alpeggio (come succede ancora oggi) si ricavava e si ricava un ottimo formaggio, che veniva commerciato o scambiato con altri beni di consumo.

Carona era anche famosa per l'ottima qualità delle sue patate.

Con l'esaurimento o l'abbandono delle miniere, si è consolidata l'attività di estrazione delle ''piode'' utilizzate anche come copertura dei tetti.

In tempi preistorici i ghiacciai di Valleve e di Carona, proseguivano fino a Branzi e prima di raggiungere il fronte comune di Lenna, ricevevano a Bordogna il contributo del ghiacciaio di Valsecca. La presenza di tali ghiacciai è testimoniata da alcune morene e da numerosi massi erratici, fra cui quello granitico di Carona, dal quale sono stati ricavati i paracarri della strada. Originati almeno in parte da questi ghiacciai, sono i numerosi laghetti e cascate che ingemmano la nostra valle.

Questa grande abbondanza di acqua è stata sfruttata, tramite grossi interventi di ingegneria idraulica risalenti all'inizio del '900, per produrre energia elettrica. In particolare sono state costruite la Centrale idroelettrica di Carona, dighe, laghi artificiali, bacini di raccolta, condotte forzate e canali / gallerie.

Il fiume Brembo nasce nella parte alta dell'Armentarga (Val Camisana), dove recentemente sono state scoperte incisioni rupestri di importanza nazionale, che sono ancora in fase di studio.

Il nome Armentarga deriva dagli armenti (vacche) che venivano portati a pascolare in quel luogo. Per alcuni secoli l'alpeggio venne utilizzato da monaci provenienti dalla Badia di Vall'Alta. È molto probabile infatti che le denominazioni ''Valle dei Frati'' – ''Lago dei Frati'' siano derivate dal passaggio di questi monaci che, provenendo dalla Valle Seriana, salivano da quel versante fino ai Laghi Gemelli – Lago Colombo e quindi attraversando il Passo d'Aviasco, raggiungevano i loro pascoli in località Armentarga. Durante i lavori di scavo per la costruzione della teleferica ''Dosso dei Signori - Lago del Diavolo'' è stato rinvenuto un bel crocifisso in ottone che si dice sia appartenuto ad uno di quei monaci.

In località Croci, dove parte la biforcazione tra la Valle del Sasso che scende verso il Lago del Diavolo e la Valle dell'Armentarga, si può notare una ruota di mulino, che a memoria d'uomo è sempre stata in quel luogo, e la cui origine costituisce un enigma.

Alcuni ipotizzano che risalga ad un primo insediamento dell'abitato di Carona, altri che si tratti del punto di passaggio per il quale i morti venivano portati, attraverso il Passo del Venina, fino a S. Salvatore in Valtellina. L'ipotesi più accreditata, anche alla luce di quanto detto in precedenza, è che i monaci avessero costruito un mulino per sopperire alle loro necessità durante il periodo di alpeggio.

La vecchia chiesa parrocchiale

Carona nel 1331 era unificata, come comune, a Valleve. Il 21 giugno del 1450, la Chiesa, dedicata al Martirio di San Giovanni Battista, fu consacrata dal Vescovo Barozio, mentre si staccò da Branzi, divenendo Parrocchia, intorno al 1500. Si riferisce che nella Chiesa c'erano “tre altari molto vagamente decorati a stucco”.

L'altare maggiore della vecchia parrocchiale è quello che si trovava nella Chiesa dello Spasimo in Bergamo, quando questa fu soppressa dalla Repubblica Cisalpina.

Le opere migliori come la Madonna del Rosario del Ceresa e la Crocifissione di Giulia Lama, nonché il seicentesco armadio della sacrestia si trovano attualmente nella nuova Parrocchiale dedicata alla Natività di San Giovanni Battista, della quale fu posta la prima pietra nel 1909 dal vescovo Giacomo Radini Tedeschi e fu poi consacrata il 12 Giugno 1921.

All'interno vi sono custoditi le seguenti tele:

  • Madonna del Rosario di Carlo Ceresa ('600)
  • Crocifissione attribuita a Giulia Lama ('700)
  • Predicazione e Decollazione di San Giovanni Battista della Scuola Veneta del '700

La Frazione Porta

Il nome deriva dal fatto che in antichità era passaggio obbligato per chi dovesse raggiungere la parte alta del territorio di Carona e/o, da una parte, proseguire per la Valtellina e dall'altra scendere nella Valseriana attraverso il Passo Portula e la Valle dei Frati. Il termine “porta” poteva anche connotare un'opera fortificata che comprendesse un qualche dispositivo di difesa. Pare che la frazione sia stato teatro di uno scontro armato tra Guelfi e Ghibellini.

Attualmente nella frazione Porta, le vecchie e caratteristiche case in pietra sono quasi totalmente scomparse; si può tuttavia ancora vedere qualche antico manufatto come la chiesetta di San Rocco, edificata dopo la peste e consacrata nel 1636.

I Bacini Idroelettrici

Al termine del primo conflitto mondiale, grande importanza assunse per il territorio e la popolazione di Carona lo sfruttamento delle acque del Brembo.

Tutto ebbe inizio nei primi anni del secolo scorso per soddisfare la crescente domanda di energia. A partire dal 1905 iniziarono gli studi da parte delle società Orobia e Prealpina e nel 1919 venne costituita la Società Forze Idrauliche Alto Brembo cui parteciparono l'Orobia di Lecco, l'Elettrica Bergamasca di Bergamo, la Vizzola di Milano e il Credito Italiano; da subito si diede inizio ai rilievi planimetrici ed altimetrici di tutta la vallata dal Comune di Lenna sino alle pendici del Monte Aga.

Vennero progettate e realizzate tra il 1925 al 1955 le dighe per i bacini dei laghi del Diavolo, Rotondo, Fregabolgia, Valle dei Frati, Sardegnana, Colombo, Gemelli, Marcio, delle Casere e del Becco.

Nel 1921 venne avviata la costruzione della centrale di Carona che iniziò a funzionare nel 1924 e nel 1931 fu costruita la diga del lago di Carona.

Complessivamente i bacini di raccolta delle acque destinate alla Centrale di Carona hanno una capacità di invaso di 22.350.000 mc.

Contemporaneamente alle dighe furono poi scavate due gallerie sotterranee di collegamento fra i vari bacini e il serbatoio di carico di Sardegnana: il canale del Diavolo e quello di Pian delle Casere.

Il primo ha una lunghezza di 4.486 metri e si diparte dalla presa di Valle Armentarga dove vengono convogliate le acque del Diavolo, del Fregabolgia e della Valle dei Frati. Il canale di Pian Casere è lungo 2.237 metri e raccoglie le acque del Colombo, Gemelli, Pian Casere, Marcio e Becco.

Furono inoltre costruite due altre gallerie: il canale Valleve – Carona lungo 4.316 metri che fa confluire nel Lago di Carona le acque del Brembo di Foppolo e Valleve e il Canale Carona – Baresi lungo 8.941 metri che parte a valle della diga di Carona e raccoglie le acque dei torrenti Borleggia, Valle dei Dossi, Valle Scura, Valle Pietra Quadra, Valle del Vendullo e Valle Secca.

Ultimo aggiornamento

Fri Aug 18 14:59:08 CEST 2023

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